Palmieri, Pietro Giacomo
Full Name
Palmieri, Pietro Giacomo
Biography
Anche il BENEZIT, con evidente errore, parla di un Pietro Giacomo il vecchio (Bologna, 1737 - Torino, 1804) ma lo dice figlio (di chi?), poi gli assegna opere del Pietro parmense. Subito dopo lo stesso BENEZIT cita un Palmieri Pietro Giacomo il giovane, nato a Bologna in data ignota e morto a Torino dopo il 1819, e gli assegna le due serie di soggetti di genere e di battaglie del 1760 che sono certamente di Pietro Giacomo il vecchio.Col che rimarrebbe esclusa l'esistenza di un incisore parmense distinto da quello bolognese.Con LE BLANC e BENEZIT la confusione cresce.Con tutto questo è deludente trovare che in uno studio, locale e di grande importanza come il catalogo delle stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna (cfr. PINACOTECA DI BOLOGNA 1974) dove si riproducono 68 lastre, tutte certamente di Pietro Giacomo bolognese, si dica del loro autore soltanto: "Palmieri Pietro, attivo a Parma nella II metà del XVIII secolo".Dal titolo di questi fogli si comprende bene che essi sono quelli che abbiamo detto parigini e che sono firmati chiaramente Pietro Palmieri; dunque il De Angelis sotto questa voce si riferisce ad un Pietro Palmieri parmigiano.Egli passò a Torino nel 1778 e qui nel 1780 gli nacque il figlio Pietro, futuro incisore.Gli incisori Palmieri furono più di uno ed i repertori sono molto imprecisi nei riferimenti al riguardo, per cui è difficile individuare le varie personalità.Il DE ANGELIS per Pietro Giacomo rimanda al GORI, poi parla di un "Palmieri (C.)" nato a Parma nel 1750 ca., formatosi nella sua città, poi trasferitosi a Parigi ed infine tornato in patria. Incise all'acquatinta. Segue nota di due incisioni in folio con soggetti pastorali.Il GORI GANDELLINI cita solo Pietro Giacomo, lo dice bolognese e gli assegna le due serie del 1760 rispettivamente di Paesi e di Battaglie.Il LE BLANC ricorda un Pietro, nato a Parma verso il 1760 ed allievo di suo padre (Pietro Giacomo?), ma non ne elenca opere, poi ricorda Pietro Giacomo, ne indica esattamente le date di nascita e morte (Bologna, 1737 - Torino, 1804), ma poi gli assegna unicamente le 5 lastre che abbiamo dette parigine e che sono certamente posteriori alle serie bolognesi.Il problema è stabilire, una volta data per scontata l'esistenza di un Palmieri operante a Torino agli inizi dell'Ottocento e figlio di un altro incisore, se i primi due blocchi di stampe siano da assegnare ad un unico artista o a due. E' possibile infatti che Pietro Giacomo, dopo aver inciso a Bologna un'ottantina di lastre intorno al 1760, sia stato chiamato a Parma come insegnante all'Accademia (dove secondo lo Zani era nel 1774) e poi sia passato a Parigi, dove avrebbe imparato l'uso dell'acquatinta, per tornare infine a lavorare e a morire a Torino.Il SERVOLINI cita "Palmieri Pietro, calcografo torinese, morto nel 1852". E' logico ritenere che si tratti di Palmieri figlio, che dunque si chiamava anch'egli Pietro e che certo operò a Torino. E' da vedersi però dove nacque in realtà.Il THIEME-BECKER parla di Pietro Giacomo con i dati consueti (Bologna, 1737 - Torino, 1804) e gli assegna sia le lastre bolognesi sia quelle parigine, poi cita un Pietro il giovane (Bologna, ? - Torino, post 1819) ma non ne indica opere. Parla anche di un Francesco, incisore all'acquatinta op. nel 1807; questo però non ci risulta da nessun'altra fonte e pensiamo si tratti non di P. Francesco ma di P. figlio (il MILESI più prudentemente elenca "Palmieri F.").In secondo luogo si dà notizia che P.G. Palmieri fu nominato professore all'Accademia di Parma il 27 giugno 1771; l'anno successivo egli era ancora a Parma, ma nel gennaio 1773 era a Parigi dove nel 1774 sono documentati suoi rapporti con Jean George Wille, all'influenza del quale possiamo attribuire la novità delle sue stampe parigine.Incidentalmente, parlando di errori che moltiplicano il numero degli artisti, ricordiamo che in MIREUR vol. V p. 488 n. 1861 si cita un Palmieri Giuseppe, e poi si descrive come sua una sola incisione, che invece è chiaramente firmata "Pietro Palmieri" (è uno dei fogli parigini).La bibliografia in proposito non aiuta molto.La questione sembra oggi risolta grazie alle ricerche del De Vesme ed ad una tesi sull'artista presentata all'Università di Parma da Simonetta Testi.La Testi poi riferisce che nei registri dei battezzati parmensi dal 1720 al 1760 non vi è alcun Pietro Palmieri, mentre tale nome appare nel censimento della popolazione del 1765 come appartenente ad un "sogliaro", non ad un artista.L'ipotesi, in linea di principio, sarebbe da accettarsi fino a prova contraria però lo stile delle stampe bolognesi presenta tali differenze rispetto a quello delle lastre parigine da far pensare a due artisti diversi.Lo stesso Zani poi ricorda un Palmieri figlio che dice Bolognese e op. nel 1805. Per lo Zani dunque è esistito un solo incisore operante nel Settecento.Lo Zani cita unicamente "Palmieri Pietro, o Pietro Giacomo" lo dice bolognese e trascrive da un disegno datato 1774 la firma nella quale si dichiara "in reali Parmensi Accademiae Professor".Nelle SCHEDE DE VESME, v. VIII pp. 761, 768 si documenta come l'A. sia passato a Parma all'epoca del Du Tillot, poi abbia viaggiato in Francia, Spagna e Inghilterra ed infine si sia stabilito a Torino dove esercitò soprattutto il disegno e nel 1802 divenne professore di tale materia alla'Accademia locale.Per quanto riguarda le indicazioni che ricaviamo dalle stampe, rileviamo che vi è un blocco di acqueforti bolognesi (due serie del 1760 ed una ventina di stampe sciolte apparentemente coeve) firmate "Pietro Giacomo Palmieri" (o "PGPF" o "PPF"). Vi è poi un gruppo omogeneo di 5 acqueforti o acquetinte, anch'esse settecentesche, una delle quali è nella nostra raccolta (n. inv. 25806) ed è firmata "P. Palmerius in Real. Acad. Parmen. Professor" e reca l'indirizzo: "A Paris, chez l'Auteur, rue des Pouli..."; infine vi è un gruppo di stampe della I metà dell'Ottocento firmate "Palmieri figlio".Riassumendo, dunque, e sempre lasciando da parte Palmieri figlio, che sembra individuato in P. Pietro, operante a Torino con lastre databili da post 1804 a 1828 e morto a Torino nel 1852, vediamo che la tradizione ondeggia tra due ipotesi, cioè che nella seconda metà del Settecento siano esistiti due incisori, uno Pietro Giacomo di Bologna e l'altro Pietro parmense, oppure che ne sia esistito uno solo e che quindi il secondo, cioè Pietro, in realtà sia Pietro Giacomo, nato a Bologna, ma poi trasferitosi a Parma.